L’esperienza Carnevale: il Piemonte autentico
Manca solo un mese…non vedo l’ora! Solo un mese e finalmente sarà Carnevale!!! La festa per me più attesa da sempre..sì, sì molto più del Natale. Il Carnevale è divertimento, è rovesciamento degli schemi e delle regole ed è forse la più tradizionale delle feste qui in Piemonte. Non vedo l’ora di tramandare questa tradizione al mio piccolino: questo sarà il suo primo Carnevale e dovrà confrontarsi con tradizioni che si tramandano da quasi mille anni.
Risale infatti al 1093, secondo un documento datato 1893, la costituzione dell’Antica Società Fagiuolesca che insieme all’associazione Abadia (primi anni del 1300) si è da sempre occupata dell’organizzazione dello Storico Carnevale di Santhià (comune del vercellese di poco più di 8 mila abitanti). Perché per organizzare il carnevale c’è una società Fagiuolesca? Ecco l’elemento che lega tutti i carnevali piemontesi al nostro territorio e alle nostre peculiari tradizioni.
Poiché il Carnevale nasce come “carne levare” ovvero come ultima grande festa in cui consumare anche carne, prima dell’astensione Quaresimale e siccome a carnevale era concesso al popolo una piccola rivincita, nel rovesciamento momentaneo dell’ordine o nel compiere piccole irriverenze verso i potenti e le loro regole, veniva anche concesso di organizzare una grande mangiata collettiva. I fagioli grassi, o “faseuj grass” nel nostro dialetto, sono proprio il piatto tipico del Carnevale della zona del Canavese e ovviamente, per contaminazione, delle zone limitrofe.
La ricetta tradizionale, che varia leggermente da paese a paese, vuole che i fagioli vengano fatti cuocere lentamente a fuoco vivo in grandi pentole di rame, le “caudere”. Non solo la ricetta ma anche la preparazione è tutta legata alla tradizione e deve seguire un preciso procedimento.
Nel mio paese, centro di un migliaio di abitanti, ad occuparsi della fagiolata di carnevale erano i “Coscritti”, cioè tutti i giovani del paese che in quell’anno avrebbero compiuto 19 anni, chiamati per l’occasione “Fasulat”. La festa iniziava il sabato sera, si accendevano i fuochi, i “fugun”, in un grande spazio all’aperto, e si mangiavano dolci e si beveva tutti insieme: la festa era aperta a tutti. La cottura dei fagioli, insaporiti con lauro e qualche spezia e arricchiti con zamipini e cotenna di maiale, durava per tutta la notte ed era una festa assistere la cottura e mescolare di tanto in tanto; la mattina seguente i fagioli venivano distribuiti gratuitamente a tutta la popolazione.
A Santhià, invece, la tradizione vede L’Antica Società Fagiuolesca organizzare la “Colossale Fagiuolata”, che risulta essere la più grande d’Italia. Ovviamente il carnevale di Santhià, insignito nel 2015 della medaglia del Presidente della Repubblica come premio di rappresentanza, non è solo fagiolata ma anche pifferi e tamburi, pule e congreghe, sveglie, giochi di Gianduja, sfilata notturna e palacarvé: tantissimo, tantissimo divertimento.
Se ci spostiamo di qualche chilometro, nella domenica di carnevale inizia anche la Battaglia delle Arance: particolarissima interpretazione del Carnevale Storico di Ivrea, che lo rende unico al mondo.
La Battaglia delle Arance è una ricostruzione storica intrecciata a leggenda di una rivolta popolare avvenuta in epoca medievale. Era il potentissimo Marchese del Monferrato il signore di quest’area che imponeva alla popolazione pesanti tasse sul macinato e la regola dello jus primae noctis, secondo la quale ogni novella sposa doveva nella prima notte di nozze concedersi prima al barone e poi al proprio novello marito.
È Violetta, figlia di un mugnaio, l’eroina di questa leggenda (anche se pare che lo jus primae noctis sia una mera invenzione – vedi qui): la sera delle nozze salì al castello, secondo la legge dello jus primae noctis, ma invece di concedersi al barone, gli tagliò la testa e la mostrò come un trofeo alla popolazione; questo fu il gesto che fece scattare la rivolta popolare contro il tiranno e i suoi potenti.
Oggi la protagonista del carnevale è la Vezzosa Mugnaia, che il sabato sera viene presentata alla popolazione, dalla loggia del Palazzo di Città e la piazza gremita la acclama.
Il giorno dopo alle 14.00 ha inizio la Battaglia delle Arance, cioè la riproposizione della vera e propria rivolta del popolo contro il tiranno in cui le arance prendono il posto dei sassi lanciati da parte dei rivoltosi. Per tre pomeriggi consecutivi gli aranceri danno vita a una spettacolare rappresentazione, unica e coinvolgente, in cui le squadre a piedi, che rappresentano il popolo in rivolta, attendono nelle loro rispettive piazze il passaggio delle pariglie (carri trainati da 2 cavalli) e quadriglie (carri trainati da 4 cavalli) con gli aranceri sui carri protetti da caschi di cuoio, che rappresentano le truppe del tiranno.
Ad aprire la sfilata è il carro della Vezzosa Mugnaia accompagnata dallo Stato Maggiore: qui lo Storico Carnevale si riferisce, invece, al periodo Napoleonico, quando, per il periodo di carnevale, prendeva il comando della città un Generale che coadiuvato dal suo Stato Maggiore provvedeva al mantenimento dell’ordine cittadino durante i festeggiamenti.
Il momento del lancio delle arance è spettacolare e adrenalinico; la piazza diventa un brulicare infinito di arance e gli aranceri si sfidano con gesta eclatanti. Ovviamente, il focus è veramente l’aspetto scenico e assolutamente non vi è violenza, tanto è vero che nelle squadre degli aranceri a piedi spesso partecipano anche bimbi, vestiti dalla testa ai piedi con i costumi della tradizione. La rappresentazione è talmente viva e coinvolgente che vi troverete a tifare per l’una o per l’altra fazione e non vedrete l’ora del passaggio del prossimo carro da getto.
Le piazze che ho sempre trovato più belle per assistere alla battaglia sono: la piazza Ottinetti, molto spaziosa, ben protetta dalle reti, dove c’è la possibilità di assistere senza correre alcun rischio e magari bersi anche un bicchiere di vin brulé, oppure, quando volevo essere più avventurosa e assorbire un po’ più di adrenalina, la piazza dei Tuchini, che essendo più piccola, vi fa assistere alla battaglia da più vicino, in modo da essere quasi protagonisti anche voi (sempre nell’ambito del gioco e del divertimento, niente di violento).
In tutta la città ci sono zone protette da reti metalliche molto alte che servono, appunto a separare il “campo di battaglia” dal pubblico proteggendolo e al contempo il pubblico è invitato a indossare il berretto frigio rosso (simbolo della libertà dai tempi dei Romani e poi ripreso dalla Rivoluzione Francese) per indicare solidarietà con il popolo insorto. Coloro che non indossano nulla di colore rosso, potrebbero essere coinvolti nella battaglia, in quanto non solidarizzanti. Ovviamente, è solo simbolico, gli aranceri sanno bene dove e a chi tirare, però è un espediente per coinvolgere e far partecipare attivamente anche il pubblico nella ricostruzione storica.
Insomma, la Battaglia delle Arance è una di quelle cose che va provata almeno una volta nella vita, è una cosa di cui vado molto fiera, da Piemontese e vi posso assicurare che in quanto a divertimento noi Piemontesi, sappiamo divertirci e far divertire!
Infatti, per tutti coloro che non ne hanno mai abbastanza, che “dai ancora uno”, a Chivasso abbiamo il Carnevalone, che si tiene la prima domenica di Quaresima. La trovata come tutte le cose della tradizione è casuale: nel 1951 la domenica di carnevale piovve talmente tanto che non si poté effettuare la tradizionale sfilata, che venne spostata alla settimana successiva.
Visto l’enorme successo riscosso da questa edizione fuori tempo massimo della sfilata di Carnevale, (evidentemente siamo in tanti quelli del “dai ancora uno”) i chivassesi decisero di spostare definitivamente il loro carnevale alla prima domenica di Quaresima e che per questo il loro sarebbe stato non un Carnevale normale, ma un CarnevalONE! E ancora oggi il Carnevalone è bellissimo, partecipatissimo, ed è sempre stato per noi bimbi quella certezza che il Carnevale non era finito-finito il martedì grasso, che ci sarebbe ancora stata una domenica di pieno Carnevale!
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